domenica 30 dicembre 2012

San Paolo sparita... La Società Aerostatica Avorio



Non lontano dalla Vasca Navale, in via della Vasca Navale 84, nel 1936 (contemporaneamente ai lavori di costruizione dell'O.M.I.) inizia la costruzione degli edifici della Società Aerostatica "Avorio", specializzata nella produzione di materiale per l'aviazione ed in particolare di paracaduti.


Dopo la sua dismissione della fabbrica, l’immobile viene acquistato dalla Edil Luser, con sede a via Crescenzio 25, e nel 1991, dalla Salini Costruttori spa, con sede a via della Dataria 22, e, dopo una ristrutturazione e consolidamento, viene dato in locazione all’Università. Il nome SIBA (Società immobiliare Balestra), con cui è conosciuto l’edificio, viene dato alla società creata dalla Salini per l’acquisto dell’immobile.
L’edificio si trova in un’area depressa rispetto agli attigui via Pincherle e largo S. Leonardo Murialdo ma allo stesso livello dell’O.M.I. Dal punto di vista architettonico, la Società Aerostatica “Avorio” è simile alla vicina O.M.I., anche se il suo aspetto esterno è forse ancor più severo, oltre che più originale, grazie ad alcune bande di blocchi in tufo a forma esagonale, intercalate da strisce di mattoncini, che decorano la facciata dell’edificio principale a pianta quadrata. Sul lato est di questo edificio, che originariamente racchiudeva un ampio atrio (attualmente coperto ad uso laboratorio), è inserita al piano terra una lunga ala a forma irregolare, sfruttata nel riuso da diversi laboratori e dagli studi dei rispettivi docenti. Questa ala forma all’esterno un ampio spazio scoperto, chiuso anche sul lato sud da un altro edificio (ex-capannone) a un sol piano. Nel progetto di riuso questo spazio scoperto è stato unificato mediante una pensilina trasparente sul perimetro interno.

Non si sono trovati finora documenti storici riguardanti la fabbrica di paracaduti, con l’eccezione di una planimetria del Valco S. Paolo risalente agli anni ’40, dove è appunto indicata la denominazione originaria della società occupante l’area, che sul lato est è fiancheggiata dal “Carro di Tespi” dell’Opera Nazionale Dopolavoro.

Attualmente il complesso ospita i Dipartimenti di Ingegneria Elettronica e di Fisica “E. Amaldi” e la Biblioteca d’Area Scientifico-Tecnologica.


Per ulteriori approfondimenti sui progetti di riuso degli spazi industriali dell'Ostiense da parte dell'Università Roma Tre rimandiamo al post dedicato al libro Fabbriche della Conoscenza:

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San Paolo sparita... Lo stabilimento O.M.I – Ottica Meccanica Italiana


La società O.M.I – Ottica Meccanica Italiana dei fratelli Nistri con sede a Roma iniziò la propria attività durante la Prima Guerra Mondiale e si specializzò nella costruzione di apparecchi fotografici per l’Aeronautica Militare da utilizzare nella ricognizione aerea (apparecchi planimetrici e prospettici) e nelle scuole di tiro (fotomitragliatrici).

La Società anonima Ottico Meccanica Italiana e Rilevamenti Aerofotogrammetrici risulta fondata già nel 1924, ma è soltanto nel 1937-38 che viene costruita la sua sede nella zona di San Paolo per la produzione di strumenti ottici di precisione per l’aeronautica; l’edificio si trova in un’area recintata adiacente, sul lato sud, alla struttura della Vasca navale e confinante, sul lato est, con via Vito da Volterra.

Veduta laterale stabilimento Ottica Meccanica Italiana


Ne è direttore generale l’ing. Umberto Nistri, il quale aveva dedicato i suoi studi all’applicazione ed al perfezionamento della tecnica della fotogrammetria, costruendo apparecchi per la restituzione della posizione planimetrica ed altimetrica di edifici e formulando metodi tutt’ora usati per il rilevamento di mappe catastali. Nistri era stato il fondatore della Società Anonima Rilevamenti Aerofotogrammetrici, la cui attività viene in seguito trasferita all’OMI.

Intorno al 1938 l’OMI è affermata sui mercati internazionali per l’esportazione di materiale aeronautico e, negli anni del secondo conflitto mondiale, la società assume un’importanza strategica, visto il tipo di produzione principalmente militare.

Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali le fotocamere OMI erano tra le più usate dalle nostre Forze Armate ed erano prodotte in vari modelli e formati sia a lastre che a pellicola. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale anche la OMI come altre industrie italiane produttrici di attrezzature militari si trovò nella condizione di dover forzatamente cambiare il proprio mercato di riferimento. Alla Fiera di Milano del 1946 una società commerciale milanese, la S.I.R.C.E., presentò un particolarissimo apparecchio fotografico denominato SUNSHINE (raggio di sole) la cui produzione era affidata alla OMI. Si trattava di un apparecchio tricromatico, inventato dai sigg. Giorgio e Camy Machnich, che sfruttando un principio noto già alla fine del 1800 permetteva la riproduzione di immagini a colori utilizzando pellicola pancromatica bianco - nero. La Sunshine era composta di due parti: la fotocamera vera e propria da utilizzare per la ripresa ed un proiettore da abbinare alla fotocamera per eseguire con questa delle proiezioni. La fotocamera montava un obiettivo a fuoco fisso ( Omiterna 35/3,5 ) che era composto da tre piccoli obiettivi disposti in modo radiale; dietro ad ogni obiettivo era posizionato un filtro colorato di colore diverso e corrispondente ad uno dei tre colori fondamentali (blu, rosso e giallo). Ad ogni presa i tre obiettivi producevano tre piccoli fotogrammi da 8x11 mm ognuno filtrato attraverso uno dei colori fondamentali. Dopo aver sviluppato la pellicola ed ottenuto delle terne di diapositive bianco-nero, queste si introducevano nuovamente nella Sunshine che però andava utilizzata come proiettore e i tre fotogrammi proiettati contemporaneamente in modo che ognuno venisse filtrato dallo stesso obiettivo che l’aveva generato davano luogo ad un’immagine a colori. Era possibile regolare il diaframma tra due posizioni: la massima apertura si usava nella proiezione mentre per la ripresa si utilizzava il diaframma più chiuso per ottenere una maggiore profondità di campo; esisteva una terza regolazione in cui venivano esclusi i filtri colorati ed ogni obiettivo aveva una apertura di diaframma differente, si ottenevano così tre fotogrammi bianco-nero con diversa esposizione. Furono costruiti due diversi modelli di Sunshine che differivano solamente per la diversa potenzialità dell’otturatore: un modello consentiva un’unica velocità (1/50) più la posa B mentre un secondo modello, presentato nel 1947, consentiva due velocità (1/25 e 1/50) e la solita posa B. La produzione della Sunshine durò solo pochissimi anni perché la possibilità di usare le nuove pellicole a colori presentate in quegli anni, come la Ferraniacolor, rese obsolete se non inutili gli apparecchi tricromatici decretandone la morte. Successivamente, intorno al 1950, la SIRCE presento una fotocamera più tradizionale formato 24x36 su pellicola 35 mm denominata ROLLINA e probabilmente prodotta ancora dalla OMI. La Rollina montava un obiettivo da 50 mm 1:6,3, denominato Lunar, ed un otturatore a tre velocità da 1/25 a 1/100 più la posa B. Nel frattempo le nuove condizioni politiche consolidatesi in Italia consentirono alla OMI di tornare a produrre apparecchi ed attrezzature militari e la breve parentesi nel mondo della fotografia per uso civile ebbe termine. A proposito della produzione militare più recente possiamo a titolo di curiosità segnalare un apparecchio panoramico costruito probabilmente per la Marina Militare che lo utilizzava per fotografare le navi della propria flotta. Utilizzava pellicola 35 mm in bobine e forniva negativi di 24x72 mm; montava un obiettivo Galileo da 60 mm 1:2,8 e l’avanzamento della pellicola era motorizzato.

Lo stabilimento dell'OMI a San Paolo copre una superficie di circa 14.000 mq. e la sua pianta può considerarsi come l’unione di due rettangoli di estensione diversa. Il fabbricato si articola su tre piani a grandezza decrescente ed è dotato di due cortili interni che durante gli anni ‘70 sono stati coperti in corrispondenza del primo piano per ricavare due nuovi ambienti. Sulla parte di edificio tra i due cortili si eleva una torre quadrata con orologio e altana, secondo gli stilemi in atto negli edifici pubblici realizzati tra le due guerre, ma abbastanza singolari per un edificio ad uso industriale.
La struttura portante è in cemento armato e le tamponature sono realizzate in blocchi di cemento e gesso. Il rivestimento esterno è realizzato sulla fascia corrispondente al piano terra in intonaco e pittura tradizionali. I due piani superiori sono invece rivestiti in mattoncini a facciavista, separati da un marcapiano in mattoncini disposti a taglio. Su questa superficie a cortina sono ancora visibili le tracce di macchie verdi, ocra e marroni, residui della tinteggiatura mimetica realizzata durante la seconda guerra mondiale, contro il rischio di bombardamenti.
Le finestre sono poste ad intervalli regolari sull’intero perimetro della fabbrica, se si esclude la parte oggi occupata dagli uffici tecnico-logistici dell’Università, dove sono state realizzate due gruppi di finestre a fascia con infissi in alluminio anodizzato.
L’attuale edificio presenta le aggiunte e modifiche realizzate in quantità durante gli anni ’70, quando, dopo un lungo periodo di crisi produttiva iniziata nel secondo dopoguerra, si tenta di rivitalizzare la fabbrica con l’inserimento di dispositivi per l’aeronautica spaziale. Sul lato prospiciente via Vito da Volterra si colloca l’area macchine, costruita negli anni ’70, ed una struttura, adibita ad aule dopo l’intervento dell’Università nel 1996. Di fronte al lato sud si trova un corpo di fabbrica rettangolare destinato ad aree tecniche centrali. Sul versante opposto, lato nord, sono stati costruiti negli anni ’70, un edificio rettangolare ad uso mensa, oggi in concessione all’ADiSU, ed una cabina per usi tecnici. Nel dicembre 1989 l’OMI s.p.a. cessa di esistere e viene incorporata in un’altra società, lasciando in seguito l’immobile San Paolo.
La suddivisione interna dell’edificio è fortemente manomessa rispetto alla suddivisione originale, soprattutto nella parte ad ovest, sul lato della via della Vasca navale, a seguito del riutilizzo ad opera dell’Università. Sul lato nord dell’edificio, quello che costeggia il fabbricato dell’attuale mensa, si sono compiuti i lavori più impegnativi, con la realizzazione di vaste aule ed ambienti vari per gli studenti. Alcune di queste aule, trovandosi in corrispondenza di quello che era il cortile interno, traggono luce unicamente dal soffitto mediante un efficiente sistema a lucernari. Le altre aule si trovano invece in quella che era stata la sala macchine e area lanciatori, la cui copertura è stata mantenuta inalterata. Sono stati compiuti infine miglioramenti nell’area parcheggio e sono state realizzate ex novo le scale in ferro che collegano l’area dell’OMI con l’area attrezzata su un livello più alto, lungo ed oltre la palazzina degli uffici dell’ex-Vasca Navale.

Attualmente nella vecchia fabbrica si trovano i Dipartimenti di Ingegneria Meccanica e Industriale, di Informatica e Automazione e la mensa per gli studenti.

Per ulteriori approfondimenti sui progetti di riuso degli spazi industriali dell'Ostiense da parte dell'Università Roma Tre rimandiamo al post dedicato al libro Fabbriche della Conoscenza:

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San Paolo sparita... La Vasca Navale Nazionale

 Tra il 1927 e il 1929 viene edificato al centro della grande ansa formata dal Tevere nei pressi della Basilica di San Paolo il complesso della "Vasca nazionale per gli esperimenti di architettura navale", struttura destinata alla sperimentazione e collaudo dei modelli di carene e di eliche prodotti dall'industria navale italiana.


Sin dalla seconda metà del XIX secolo, le nazioni marittime più avanzate sentono la necessità di organizzare le proprie flotte, istituendo studi sperimentali basati sulla legge di Newton riguardante la “similitudine meccanica”. Queste teorie sono sviluppate dall’ingegnere navale inglese William Froude, il quale costruisce fin dagli anni ’70 dell’800 le prime vasche navali per prove dei modelli di carene e di eliche. Ogni vasca navale costruita nelle varie parti del mondo, dopo quella istituita da Froude a Torquay nel 1874, presenta alcuni basilari elementi in comune: un lungo bacino rettangolare di acqua dolce nel quale il modello della carena viene rimorchiato mediante un carrello mobile che scorre sopra rotaie e che viene trascinato alla velocità desiderata per mezzo di un cavo metallico. Fra il carrello e l’imbarcazione sono inseriti gli strumenti per la misurazione della resistenza.



In Italia la prima vasca navale viene costruita a La Spezia. Quest’ultima diviene non soltanto il vanto della Marina Italiana, ma anche il fiore all’occhiello dell’operato dell’ing. Giuseppe Rota che la diresse per molti anni. La Vasca Nazionale, sorta a Roma per volontà di Mussolini tra il 1928 ed il 1929, e diretta dallo stesso ing. Rota, diviene in buona sostanza la continuazione quasi nostalgica della ricerca appassionata condotta presso la Vasca sperimentale spezzina, come traspare tra le righe del sostanzioso carteggio intercorso tra l’ingegnere e i vari Ministeri. A favore dell’istituto romano vengono messi a disposizione alcuni tra i più celebri specialisti di altre vasche europee.



La vasca venne progettata dall'ingegnere Cesare Leoni: i 17 disegni realizzati da Leoni, in collaborazione con la ditta costruttrice “Ferrobeton”, sono datati 28 settembre 1927 ed approvati nel marzo del 1928, data presumibile di inizio della costruzione della Vasca. I disegni esecutivi del prospetto di facciata e del profilo longitudinale (ASC, prot. 23695, titolo I.E.), rispecchiano per grandi linee la tipologia delle vasche navali di tipo europeo, con l’eccezione della copertura a volta e del diverso profilo e profondità del bacino.

La Vasca Navale Nazionale si articolava in due corpi di fabbrica: il lungo capannone delle officine in direzione est-ovest, preceduto dalla vera e propria vasca di prova, e la palazzina degli uffici posta all’estremità orientale.


Per quanto riguarda la palazzina degli uffici, i vari prospetti denunciano, soprattutto in virtù dei partiti decorativi, con pigne lungo le balconate a ringhiera, una vicinanza stilistica con i villini costruiti nel quartiere Prati da Enrico Del Debbio. Tali motivi decorativi sono andati perduti durante l’opera di restauro e ripristino, in quanto in pessimo stato di conservazione.



In particolare i disegni relativi alla “corografia del terreno adiacente alla Vasca, dei fossi di scolo e del loro sbocco nel Tevere”, denunciano, sin dagli inizi, una particolare attenzione da parte dei costruttori e dei progettisti sui problemi di pompaggio e di scarico dell’acqua del bacino, attenzione riconfermata da un ulteriore disegno pubblicato sugli Annali della Vasca (1931) che illustra i risultati di uno studio sui diversi strati del sottosuolo, posti a paragone con i prelievi contemporaneamente attuati presso il Gazometro. Tali problemi fanno poi da leitmotiv nella corrispondenza tra il direttore e i vari dicasteri, dove l’ing. Rota denuncia l’impossibilità di caricare e scaricare le ingenti quantità d’acqua in un tempo ragionevole. Inoltre si evidenziano presto anche delle carenze nella struttura portante, finché, nel 1973, si verifica una lesione in alcuni sostegni, che determinano col tempo il crollo della parte centrale della copertura a volta, fatto che determina l’immediata chiusura dell’impianto (Conservatoria, Comune di Roma, pos. 1193/1-A).


Attualmente all’interno del laboratorio sono ancora conservati i piani di lavoro della falegnameria, con a fianco le macchine di oscillazione, il carro dinamometrico, ancora piazzato con le sue grandi ruote ai limiti del bacino, il lungo binario di scorrimento del carro sopra il quale è visibile la data, il luogo di fabbricazione e il tipo di macchinario (“Piombino – 1928 – X – FS.46.3 – MB”). Sono inoltre ancora in situ parte dell’apparecchiatura elettrica e un carroponte per il sollevamento delle imbarcazioni fino al bacino. Almeno una parte di queste testimonianze della tecnologia degli anni ’30 potrebbero essere conservate negli spazi attrezzati fra la Vasca e la palazzina degli uffici.


        

        

Un eccezionale e bellissimo documentario del 1952, "300 Metri di Mare", ci consente di rivivere con estrema immediatezza e vivo realismo le attività di sperimentazione e collaudo condotte all'interno della Vasca Navale Nazionale in un periodo di piena attività dello stabilimento:


Nel 1982 una lesione ad alcuni sostegni determina il crollo della parte centrale della copertura in cemento armato del complesso, chiuso ormai dal 1974.

Da diversi anni la palazzina degli uffici ospita il Dipartimento di Ingegneria Civile; più recente è invece il recupero delle strutture produttive, solo in parte completato.

Il Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DIPSA) dell’Università Roma Tre, coordinato dal Prof. Andrea Vidotto, ha curato l’intervento di ristrutturazione ed ampliamento dell’ex Vasca Navale destinata ad ospitare i Dipartimenti di Ingegneria dell’Università Roma Tre.

La nuova struttura prevede sale studio e di ricerca per docenti e studenti, aule e uffici oltre ad un’aula magna per proiezioni ed eventi.

L’intervento ha seguito alcuni criteri guida: la struttura della Vasca è stata recuperata, collocando al suo interno funzioni diverse ma compatibili con le dimensioni e la configurazione; il nuovo edificio è stato suddiviso in parti autonome con l’ausilio dei corpi scala e degli ingressi e sono state impiegate risorse rinnovabili.

L’intera struttura mantiene una forte caratterizzazione lineare. Essa viene suddivisa in segmenti trasversali relativamente autonomi per rispondere sia ai vincoli posti dalle normative di sicurezza antincendio sia alla necessità di rafforzare le strutture portanti, la gestione autonoma degli impianti e la facilitazione delle vie di esodo. L’uso di risorse rinnovabili, ovvero l’impiego generalizzato degli effetti dell’irraggiamento solare negli ambienti interni, conduce a privilegiare al massimo l’illuminazione naturale attraverso finestre, lucernari e camini solari, ad impiegare idonee schermature esterne, nonché sistemi di ventilazione naturale e celle fotovoltaiche sulla copertura.

Il primo lotto funzionale si concentra su 140 metri dell’intera struttura che ne misura complessivamente 317 e si compone di due sezioni.

Il corpo A, di circa 50 metri, corrispondente all’edificio originariamente utilizzato come varo dei modelli delle carene, è organizzato su tre livelli e destinato all’ampliamento della sede di Ingegneria Civile. La copertura originaria è stata demolita per essere ricostruita con una struttura in acciaio della stessa forma e della stessa altezza della precedente. Al primo e al secondo piano sono distribuiti ambienti di studio per docenti e sale di lavoro per unità di ricerca con diverse modalità di organizzazione. Il carro dinamometrico è stato conservato e una parte di Vasca nuovamente riempita d’acqua.

Il corpo B del primo lotto funzionale corrisponde, invece, alla parte dell’intervento in cui l’ampliamento della sezione, per altezza e larghezza, è più evidente. Gli spazi si articolano su quattro livelli fuori terra a sud e su tre a nord e sono destinati ai dipartimenti di Ingegneria e ad un’aula per proiezioni e convegni con caratteristiche speciali. Gli ingressi sono disposti lungo il lato nord e conducono al percorso longitudinale principale, una strada interna concepita come spazio di relazione e di distribuzione orizzontale che porta anche ai collegamenti verticali ed è scandita, a intervalli regolari, dai setti strutturali. Sulla facciata a sud emerge la distinzione tra i due piani inferiori del basamento e quelli superiori schermati dai frangisole.

La parte del progetto, di prossima realizzazione, si porrà in continuità con il corpo B, mentre nell’ultimo tratto, più breve, riproporrà la sagoma e la fisionomia dell’edificio originario verso via della Vasca Navale

Il progetto per l’intero complesso risale al 2001 e l’approvazione in conferenza di servizi all’aprile 2002. Nel 2007 sono stati effettuati l’aggiornamento funzionale e la parziale revisione del progetto con la divisione della fase attuativa in due lotti distinti. Nel 2009 è iniziata la prima fase dei lavori in seguito ad una gara esperita con le modalità dell’appalto integrato. Il progetto è stato redatto dal Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DIPSA) dell’Università degli Studi Roma Tre. Responsabile scientifico e coordinatore è Andrea Vidotto.

Il primo lotto funzionale costuito dai corpi A e B (per un superficie lorda di 8.600 mq) è stato completato nel 2012; i lavori per il secondo lotto funzionale, che si compone del corpo C (152 m.) e del corpo D (25 m. ca.), devono essere ancora avviati.

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San Paolo sparita... La filiale Alfa Romeo


Nel triangolo ideale composto da viale Guglielmo Marconi, via Ostiense e via del Valco di San Paolo, un'area oltre 10.000 mq., sorgevano fino a pochi anni fa gli stabilimenti della filiale romana dell'Alfa Romeo:


Veduta prospettica del quartiere di Valco San Paolo e dell'Alfa Romeo

Si tratta per la precisione di due edifici ben distinti tra loro per anno di costruzione e destinazione:
  • un primo nucleo è quello rappresentato dall'officina per la riparazione dei motori dei veicoli militari: una struttura costruita tra il 1935 e il 1936 a forma di grande “T” rovesciata, con accesso principale al numero civico 234 di via Ostiense;
  • completa il nucleo originario l'ampliamento realizzato tra il 1961 e il 1962, caratterizzato dalla sezione circolare disegnata dall'architetto Emilio Isotta, con spazi destinati ad uffici e saloni di collaudo ed esposizione.
Oggi nell'area dell'Alfa Romeo trova spazio la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Roma Tre.

Il progetto di riuso avviato dalla Terza Università ha fuso i due nuclei, sfruttando (ad eccezione di una porzione destinata ad edilizia civile) in toto la cubatura dell’ex officina, ricostruita in acciaio sul vecchio modello, e distribuendo in maniera organica gli spazi suddivisi in due settori:
  • nella ex-officina, la didattica, con grandi aule, biblioteche, sale di lettura;
  • nel nucleo più recente i dipartimenti, l’aula magna, gli uffici, le sale professori, dove è inserita anche una grande aula semicircolare multimediale per le attività del DAMS.
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San Paolo sparita... Le fabbriche della conoscenza

Nessun altro quartiere di Roma, come quello dell'Ostiense, è in grado di testimoniare la conversione di un'area a forte vocazione industriale verso l'economia post-industriale.

A seguito del trasferimento a Roma della capitale del nuovo stato unitario, il Piano Regolatore del 1873 e i successivi del 1883, 1916 e 1931 individuavano nel quadrante Ostiense (da Porta San Paolo verso i terreni che sarebbero stati destinati all'edificazione dell'EUR) la zona destinata allo sviluppo industriale della città; una destinazione motivata dalla presenza del fiume allora navigabile e della linea ferroviaria Roma - Civitavecchia, edificata da papa Pio IX (1846-1878) e collegata alla stazione Termini attraverso il ponte di ferro inaugurato nel 1863.

Terrenni e fabbricati ieri destinati a fabbriche, opifici, centrali elettriche e mercati, che per tutto il novecento hanno connotato il tessuto urbano ed economico dei quartieri di Testaccio, dell'Ostiense e di Valco San Paolo, sono stati destinati, dopo un lento ma inesorabile declino ed abbandono avviatosi a partire dagli anni '70, alla riconversione verso l'economia della conoscenza grazie soprattutto all'acquisizione da parte della Terza Università di Roma.

Il ruolo svolto dalla Terza Università in questo cambio di pelle dell'area Ostiense trova testimonianza nel libro "Fabbrice della Conoscenza", scaricabile dall'archivio bibliografico del Cedot - Centro di Documentazione e Osservazione Territoriale dell'Università degli Studi Roma Tre (www.cedot.it):

Cliccare sull'immagine per scaricare il libro

Il libro costituisce il catalogo della mostra organizzata presso il Rettorato di Roma Tre dal 23 al 30 gennaio 2001 e curata da Enrica Torelli Landini e Carlo Maria Travaglini.

Le 64 pagine della pubblicazione, ricche di foto e disegni d'epoca, ripercorrono la storia degli edifici simbolo dell'industria romana nei quartieri Ostiense e Valco San Paolo, strutture in disuso ed ora e nel prossimo futuro destinati all'attività amministrativa e didattica della Terza Università.


Oltre ai noti edifici simbolo dell'archeologia industriale romana (il Gazometro, il Mattatoio e i Mercati Generali), trovano spazio nella pubblicazione alcuni edifici la cui destinazione originaria è dimenticata se non sconosciuta ai più ma che nel passato hanno profondamente caratterizzato la vita produttiva dell'Ostiense e dei quartieri limitrofi (prima fra tutti la Garbatella, quartiere costruito a partire dagli anni venti del secolo scorso proprio per assicurare alloggio agli operai della nascente area industriale):
  • la filiale romana Alfa Romeo in Via Ostiense, 234:






Per chi è interessato a continuare il viaggio nell'archeologia industriale romana, consigliamo un altro libro di Enrica Torelli Landini, "Roma. Memorie della Città":

Clicca sull'immagine per acquistare il libro

La pubblicazione edita nel 2007 estende l'indagine storica ed urbanistica dello svilupo industriale, già oggetto della mostra del 2001, all'intero territorio del comune di Roma (fino a ricomprendere il litorale di Ostia) su un arco temporale compreso tra gli anni dell’ultima Roma papalina agli anni ’40 del Novecento.

sabato 8 dicembre 2012

Il Ponte della Scienza

All'ombra dell'imponente Cavalcaferrovia che collega la Garbatella all'Ostiense (Ponte Settimia Spizzichino), pochi sanno che è prossimo all'apertura un secondo ponte, dalle dimensioni assolutamente più contenute ma con un impatto scenografico altrettanto interessante.


Stiamo parlando del Ponte della Scienza, ponte ciclo-pedonale sul Tevere, che collegherà l'Ostienese al quartiere Marconi, e più precisamente al lungotevetre Vittorio Gassman (già lungotevere dei Papareschi).



Questo nuovo ponte, parallelo all'ormai storico "ponte di ferro" (Ponte dell'Industria), rappresenta il completamento dell'ideale tracciato viario che parte da via Cristoforo Colombo, percorre la Circovallazione Ostiense nella sua interezza attraversando la ferrovia grazie al nuovo cavalcaferrovia fino a collegare quindi via Ostiense al quartie Marconi, con uno scenografico attraversamento del fiume Tevere ai piedi del "giardino" dei Gazometri.


L'idea del Ponte della Scienza nasce con la Città della Scienza (da qui il suo nome), progetto complementare a tutto l'intervento di riqualificazione dell'area Ostiense ed in particolare dell'area Italgas, e in termini di ideazione, è coevo al Ponte della Musica al Flaminio; il ponte è di fatto concluso ma della Città della Scienza si sono perse le tracce e la situazione è tale che si sta pensando già ad un cambio di nome, con un proposta di intitolarlo alla donne vittima delle violenze.

Un'interessante articolo su questa mancata occasione di sviluppo dell'area Italgas è consultabile sul blog Mobilità Roma.

Il ponte ha una lunghezza di 140 metri e una larghezza di 10, di cui 7 sono carrabili (solo per mezzi di emergenza); è un'opera dal costo complessivo di oltre 4 milioni di euro, ideata nel 1999, avviata nel novembre 2008 e caratterizzata, come ormai da regola per tutti i cantieri pubblici italiani, da un notevole ritardo nella tabella di consegna: inizialmente prevista per maggio 2010, la consegna è stata riprogrammata a maggio del 2012 ma a tutt'oggi il ponte è ancora da aprire.


L'architettura è firmata dai quarantenni romani Maximiliano Pintore, Gianluca Andreoletti e Stefano Tonucci e realizzata dalla società Meg Costruzioni S.p.A.; si articola in tre elementi strutturali ben evidenti:

  • una struttura a sbalzo in cemento armato precompresso, con una luce di 25 metri, posizionata sulla riva sinistra per sostenere l'impalcato centrale dal lato Ostiense;
  • una struttura a sbalzo in acciaio con una luce di 52 metri, posizionata sulla riva destra sul lato Marconi;
  • un impalcato centrale, costituito da due travature in carpenteria metallica.




Il "varo" del ponte nel servizio di Alessia Romano andato in onda su GoldTV17 il 2 marzo 2012: 


Il Ponte della Scienza, in definitiva, inaugura una viabilità del tutto nuova per le zona Ostiense e Marconi, con alcuni impatti urbanistici ancora non del tutto chiari ai non addetti ai lavori:

  • un primo aspetto riguarda l'acesso al ponte lato Ostiense, per il quale ci aspetteremmo la predisposizione di un percorso dedicato ciclo-pedonale di attraversamento dell'area tra la Centrale Montemartini e il complesso industriale Italgas;
  • in secondo luogo, lo sbocco sul quartiere Marconi è tutto da inventare dato che il ponte atterra di fatto di fronte il Teatro India senza un naturale ed immediato collegamento con la zona commerciale di viale Marconi.




martedì 4 dicembre 2012

I murales di San Paolo... via Efeso 2A


Borondo... è il nome dell'artista spagnolo che firma questo spendido ed evocativo murales in via Efeso 2A:


Il murales riveste le due fiancate su via Efeso e via Ostiense del grande capannone che ospita da anni il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Meli (http://www.mariomieli.net/):


Si tratta di un lavoro davvero particolare almeno per due ordini di motivi: in primo luogo, il murales, per i colori utilizzati e la tecnica adottata, si mimetizza con la struttura anonima e decadente che intende impreziosire e sembra quasi volersi nascondere per mostrarsi solo all'occhio del passante più attento; in secondo luogo, i soggetti rappresentati e la forza evocativa che da questi traspare ben si adeguano a questo luogo, che fa della difesa della libertà sessuale il proprio obiettivo di impegno sociale e culturale.

Particolarmente suggestiva è la facciata di via Efeso, dove una coppia di uomini sembra ergersi dalle profondità della terra, quasi a simboleggiare la nascita primordiale dell'uomo sulla terra:



La fiancata laterale, invece, è caratterizzate da una sequenza di nudi femminili incastonati tra le vetrate dello stabile, dove particolarmente ben riuscita è la figura disegnata in parte su un cartellone pubblicatario preesistente:


Il lavoro di Borondo (http://borondo.blogspot.it) è stato realizzato nell'estate del 2012, nell'ambito della manifestazione Out-Door Urban Festival 2012 (http://www.out-door.it/). 



domenica 11 novembre 2012

I murales di San Paolo... via della Vasca Navale 5


Di Lavoro si Muore Perchè di Precarietà Si Vive: è questa la scritta che campeggia dal 2010 sul muro di cinta dell'Istituto per la Cinematografia e la Televisione "Roberto Rosselini" (http://www.cine-tv.it/) in via della Vasca Navale 5, nei pressi del Cinodromo di Ponte Marconi.



Il murales colpisce quanti percorrono la strada che collega viale Marconi e via Pincherle sia per la sua lunghezza (oltre dieci metri) sia per l'impatto del messaggio, dedicato ai caduti sul lavoro ed in particolare sul lavoro svolto in condizioni di precarietà.



Abbastanza spontaneo collegare la comparsa del murales alla 2 giorni contro le morti sul lavoro, organizzata dal collettivo L.O.A. Acrobax in via della Vasca Navale 6: http://www.facebook.com/events/338121972647/

Aspettiamo i vostri commenti per ulteriori informazioni sul murales.

giovedì 1 novembre 2012

Anche le mamme nel loro piccolo s'incazzano


Riceviamo e pubblichiamo questo triste ed amaro scambio di mail tra una mamma e l'Amministrazione Pubblica avente ad oggetto il ripristino dell'area giochi del Giardino Albert Sabin in largo Enea Bortolotti:




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Da: [omissis]
A: presidenza.municipio11@comune.roma.it
Data: 8 aprile 2011, 16:12
Oggetto: [Presidenza.municipio11] Ripristino area giochi Largo Bortolotti (Viale Marconi)

Gent.mo Presidente,

sono la mamma di una bimba di 3 anni che, sin da piccola, ha fruito costantemente dell’area giochi sita nel giardino di Largo Bortolotti; l’area giochi, sebbene di dimensioni limitate e di scarsa qualità, rappresentava uno spazio di incontro e divertimento per i bimbi residenti nella zona.

A seguito delle pessime condizioni in cui versava circa un anno fa, se non ricordo male, l’amministrazione comunale ha provveduto alla rimozione delle strutture ormai pericolanti ma, aimè, ad oggi non ha provveduto alla relativa.

A mia figlia piacerebbe sapere, anche in vista delle belle giornate che si avvicinano, se i giochi verranno a breve ripristinati, magari con un miglioramento della quantità e qualità delle strutture.

Cosa posso rispondere?

La ringrazio in anticipo per la cortese risposta

Cordiali saluti,
Una mamma dell’XI Municipio

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Da: vincenzo.circolo@comune.roma.it 
A: [omissis]
Data: 13 aprile 2011, 15:30
Oggetto: Re: [Presidenza.municipio11] Ripristino area giochi Largo Bortolotti (Viale Marconi)

Gent.ma Sig.ra,

quello che Lei denuncia è ben noto a questo Municipio, tant'è che numerose sono le note inviate dalla Presidenza del Municipio al Servizio Giardini per lamentare la moria di aree ludiche diffusa su tutti i parchi insistenti nel Municipio Roma XI.

A quanto ne sappiamo non hanno risorse economiche in tal senso.

Purtroppo la competenza dei parchi non è stata decentrata, dipende dal Servizio Giardini, appunto, che è un servizio centralizzato.

A puro titolo esplicativo le allego una delle note inviate a chi di dovere, relativa alla questione.

Cordiali saluti

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Da: [omissis]
A: vincenzo.circolo@comune.roma.it 
Data: 19 aprile 2011, 14:32
Subject: R: [Presidenza.municipio11] Ripristino area giochi Largo Bortolotti (Viale Marconi)

La ringrazio per la cortese risposta.

Provvederò ovviamente ad inoltrare la comunicazione anche al competente ufficio ed al sindaco.

Saluti

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Da: [omissis]
A: sindaco@comune.roma.it
Cc:  Circolo Vincenzo <vincenzo.circolo@comune.roma.it>
Data: 19 aprile 2011, 15:35
Oggetto: Ripristino area giochi Largo Bortolotti (Viale Marconi)

Gent.mo Sindaco,

sono la mamma di una bimba di 3 anni che, sin da piccola, ha fruito costantemente dell’area giochi sita nel giardino di Largo Bortolotti sito nel Municipio XI; l’area giochi, sebbene di dimensioni limitate e di scarsa qualità, rappresentava uno spazio di incontro e divertimento per i bimbi residenti nella zona.

A seguito delle pessime condizioni in cui versava circa un anno fa, se non ricordo male, l’amministrazione comunale ha provveduto alla rimozione delle strutture ormai pericolanti ma, aimè, ad oggi non ha provveduto al ripristino dell'area giochi.

Ho già provveduto a segnalare la situazione al Presidente del Municipio che rimanda la questione al Servizio Giardini del Comune essendo, quella dei parchi, una competenza non decentrata. Lo stesso mi ha segnalato numerose note inviate al Servizio Giardini per lamentare l'assenza quasi totale di aree ludiche diffusa su tutti i parchi insistenti nel Municipio Roma XI.

Mia figlia domanda spesso, anche in vista delle belle giornate ormai prossime, se i giochi verranno a breve ripristinati, magari con un miglioramento della quantità e qualità delle strutture.

Cosa posso risponderle?

La ringrazio in anticipo per la cortese risposta.

Cordiali saluti,
Una mamma dell’XI Municipio

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A: [omissis]
Da:  sindaco@comune.roma.it
Data: 22 aprile 2011, 19:05
Oggetto: R: Ripristino area giochi Largo Bortolotti (Viale Marconi)

Gentile [omissis],
ho letto la sua lettera; comprendo il suo rammarico e, soprattutto, il desiderio di sua figlia.
Allo scopo di verificare quanto da lei affermato ed assumere ogni iniziativa necessaria a risolvere il problema giro la sua lettera e queste poche righe all’Assessore Marco Visconti, al Vice Capo di Gabinetto Tommaso Profeta, affinché, in virtù delle proprie competenze, possano verificare se e come sia possibile intervenire per soddisfare la sua legittima richiesta.
Rinnovo con lei l’impegno ad operare proficuamente affinché si pongano in essere tutte le soluzioni necessarie ed utili per migliorare la vivibilità di Roma e la qualità della vita dei romani e di chi lavora presso l’amministrazione.
Un saluto 
Gianni Alemanno
Sindaco di Roma

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A: [omissis]
Da:  LD Ambiente <ld.ambiente@comune.roma.it>
Data: 12 maggio 2011, 16:09
Oggetto: R: [Ambiente.decoro] alemanno risponde

Gentile [omissis],

a seguito della Sua comunicazione presentata il 26/04/2011, avente come oggetto:
SONO LA MAMMA DI UNA BIMBA DI 3 ANNI CHE, SIN DA PICCOLA, HA FRUITO COSTANTEMENTE DELLAREA GIOCHI SITA NEL GIARDINO DI LARGO BORTOLOTTI SITO NEL MUNICIPIO XI; LAREA GIOCHI, SEBBENE DI DIMENSIONI LIMITATE E DI SCARSA QUALITÀ, RAPPRESENTAVA UNO SPAZIO DI INCONTRO E DIVERTIMENTO PER I BIMBI RESIDENTI NELLA ZONA. A SEGUITO DELLE PESSIME CONDIZIONI IN CUI VERSAVA CIRCA UN ANNO FA, SE NON RICORDO MALE, LAMMINISTRAZIONE COMUNALE HA PROVVEDUTO ALLA RIMOZIONE DELLE STRUTTURE ORMAI PERICOLANTI MA, AIMÈ, AD OGGI NON HA PROVVEDUTO AL RIPRISTINO DELL'AREA GIOCHI. HO GIÀ PROVVEDUTO A SEGNALARE LA SITUAZIONE AL PRESIDENTE DEL MUNICIPIO CHE RIMANDA LA QUESTIONE AL SERVIZIO GIARDINI DEL COMUNE ESSENDO, QUELLA DEI PARCHI, UNA COMPETENZA NON DECENTRATA. LO STESSO MI HA SEGNALATO NUMEROSE NOTE INVIATE AL SERVIZIO GIARDINI PER LAMENTARE L'ASSENZA QUASI TOTALE DI AREE LUDICHE DIFFUSA SU TUTTI I PARCHI INSISTENTI NEL MUNICIPIO ROMA XI. MIA FIGLIA DOMANDA SPESSO, ANCHE IN VISTA DELLE BELLE GIORNATE ORMAI PROSSIME, SE I GIOCHI VERRANNO A BREVE RIPRISTINATI, MAGARI CON UN MIGLIORAMENTO DELLA QUANTITÀ E QUALITÀ DELLE STRUTTURE. COSA POSSO RISPONDERLE? LA RINGRAZIO IN ANTICIPO PER LA CORTESE RISPOSTA CORDIALI SALUTI UNA MAMMA DELLXI MUNICIPIO

La informo che è di competenza della seguente struttura: DIP. X - IX U.O. SERVIZIO GIARDINI, il cui dirigente responsabile è MARIO VALLOROSI.

Dall'esame della Sua pratica è emerso quanto segue: con riferimento alla Vs segnalazione si comunica che, questa zona non è a conoscenza di tempi necessari per il ripristino dell'area ludica in relazione ai fondi disponibili per tali interventi.

Nel caso in cui abbia necessità di avere ulteriori informazioni può contattare direttamente il punto
di ascolto di II livello/URP (v. dati riportati a piè di pagina).

Colgo l'occasione per porgerLe i miei più cordiali saluti.

Data: 12/05/2011

Il Responsabile del servizio:
ANTONELLA BASCIANI
10. DIPARTIMENTO TUTELA AMBIENTALE E DEL VERDE - PROTEZIONE CIVILE
Ufficio Relazioni Con Il Pubblico - U.R.P DIP. TUT.AMB.PROT.CIV.
INDIRIZZO : Circonvallazione Ostiense ,191 piano terra
TEL. : 06 67105457 - 06 671071253 - FAX : 06 671071254
E-MAIL : ld.ambiente@comune.roma.it
Orari : Lun.-Mer.-Ven. 8,30/13,00 Mar. 8,30/13,00-14,00/17,00 Gio. 8.30/17,00
Orari di cassa : Cassa : Mar. 10/13 Gio. 15/16

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Apprendere che il Comune di Roma, ovvero il comune di una capitale tra le capitali dell'Unione Europea, non aveva a disposizione nel 2011 i fondi necessari al ripristino di un paio di altalene e di uno scivolo (perchè l'area ludica era composto da questi giochi e niente più...) è alquanto sconfortante; diventa ancor più grotteso alla luce dei recenti scandali sullo sperpero di denaro pubblico che magari non riguardano precisamente il Comune di Roma ma che sicuramente vengono percepiti dai cittadini, al di là delle competenze burocratiche, come la causa dello stato di abbandono di un piccolo polmone verde come quello del Giardino Albert Sabin.

La denuncia della mamma dell'XI Municipio risale ormai al lontano 2011; da allora ad oggi nulla è cambiato se non in peggio:

  • l'area ludica continua ad essere un ricordo:

  • la pavimentazione dei percorsi pedonali inizia a saltare:


  • incuria e squallore delle zone comuni regnano sovrani:


  • enigmatiche reti da cantiere contribuiscono a rendere ancora più opprimente la vista di questo spazio, dove un tempo almeno si potevano vedere i bambini giocare:



Il giardino gloriosamente intitolato ad Albert Sabin (https://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Sabinhttps://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Sabin), medico pediatra scopritore del vaccino contro la poliomenite più diffuso al mondo (come di ricorda la lapide in suo onore eretta dal Rotary Club di Roma), non merita sicuramente un trattamento di questo tipo; il ripristino dei giochi per i bambini costituisce un elemento chiave per il suo rilancio, perchè un parco frequentato da bambini diventa uno spazio vivo ed accogliente.


mercoledì 31 ottobre 2012

I murales di San Paolo... via Ostiense 189

Con questo primo post inauguriamo una nuova sezione del blog dedicata ai murales e ai graffiti della zona di San Paolo e dintorni.

Il post, come altri che seguiranno, mira a valorizzare l'opera di sconosciuti, veri e propri artisti  a nostro avviso, che con disegni e slogan di assoluta originalità e creatività danno un senso a muri altrimenti abbandonati alle insignificanti e deturpanti scritte di improvvisati graffitari.

Quella dei murales (https://it.wikipedia.org/wiki/Murales), e più in generale del graffiti writing (https://it.wikipedia.org/wiki/Graffiti_writing), è un'espressione artistica dell'uomo che affonda le proprie radici nella pittura rupestre di orgine preistorica (https://it.wikipedia.org/wiki/Grotte_di_Altamira) e che ha raggiunto punte di massima espressione con artitisti quali Jean-Mechel Basquiat (http://www.basquiat.com/) e Keith Haring (http://www.haring.com/).

Un recentissimo murales è appena comporso proprio di fronte alla Basilica di San Paolo:




Occupa l'intero fianco di un palazzo in via Ostiense 189 ed è ben visibile da tutti coloro che a piedi o in macchina percorrono l'Ostienese in direzione Piramide:



Aspettiamo i vostri commenti per recuperare qualche informazione su artista ed oggetto dell'opera.


martedì 2 ottobre 2012

Un chiarimento dovuto e delle scuse da porgere... basteranno?

Oggi gli abitanti dei quartieri limitrofi all'ex Cinodromo di via della Vasca Navale, in zona San Paolo - Marconi, hanno trovato affisso all'entrata dei loro condomini un interessante volantino:



Si tratta di un comunicato firmato dal collettivo L.O.A. Acrobax (http://acrobax.org/) in cui si fa chiarezza sulla notte insonne passata venerdì 28 settembre 2012 dai quartieri di San Paolo e Marconi (http://acrobax.org/2012/10/ci-cusiamo-per-il-disagio/): il rumore assordante e martellante che è durato fino alle prime luci dell'alba proveniva dall'ex Cinodromo, dove L.O.A. Acrobax, che occupa dal 2002 tale struttura, aveva organizzato "ProvocAzioni Festival", evento di musica elettronica ormai giunto alla terza edizione (http://acrobax.org/2012/09/28-29-settembre-provocazioni-festival/).



Quello che neanche i centralini di Carabinieri, Polizia e Vigili Urbani, tempestati nel corso della notte da chiamate di protesta da parte dei cittadini, riuscivano a spiegare trova finalmente risposta nel comunicato: si è verificato una "mancanza di attenzione tecnica per la gestione di uno dei 3 sound che suonavano" da parte dell'organizzazione dell'evento; in altre parole, uno dei DJ della manifestazione ha esagerato con il volume delle casse, nel tentativo di ampliare quanto più possibile il proprio pubblico.



Indubbiamente il volantino rappresenta un raro esempio di civiltà: L.O.A. Acrobax si preoccupa di spiegare l'accaduto ai cittadini e porge le scuse al territorio, riconoscendo la propria responsabilità per il disagio arrecato; un vero e proprio esempio di "educazione civica", in un contesto sociale, pubblico e privato, in cui assistiamo quotidianamente da più parti al gioco dello scarica-barile di fronte alle proprie responsabilità.

Altrettanto apprezzabile è il fatto che la serata successiva dell'evento, quella di sabato 29 settembre 2012, si sia svolta senza emissione di "inquinamento sonoro", grazie ad un intervento tecnico nel frattempo effettuato.

Tutto economiabile, come encomiabile è l'esperienza di questo collettivo che cerca, a modo suo, di dare un senso ad una struttura, come quella dell'ex Cinodromo, altrimenti destinata all'abbandono totale.

Quello che però stupisce è come mai dopo ore e ore di musica assordante non si sia presa la decisione più semplice ed ovvia: intervenire tempestivamente e spegnere immediatamente la musica, già dopo le prime proteste dei cittadini. Il dubbio nasce spontaneo e la domanda non è rivolta solo agli organizzatori dell'evento ma, e forse soprattutto, a chi doveva vigilare ed intervenire.

Ancora una volta, un territorio martoriato dall'abbandono e dall'incuranza generale, è stato vittima dell'ennesimo episodio di mancata/cattiva gestione da parte dell'Amministrazione Pubblica... un'Amministrazione Pubblica insensibile alle "ProvocAzioni"...