domenica 30 dicembre 2012

San Paolo sparita... Lo stabilimento O.M.I – Ottica Meccanica Italiana


La società O.M.I – Ottica Meccanica Italiana dei fratelli Nistri con sede a Roma iniziò la propria attività durante la Prima Guerra Mondiale e si specializzò nella costruzione di apparecchi fotografici per l’Aeronautica Militare da utilizzare nella ricognizione aerea (apparecchi planimetrici e prospettici) e nelle scuole di tiro (fotomitragliatrici).

La Società anonima Ottico Meccanica Italiana e Rilevamenti Aerofotogrammetrici risulta fondata già nel 1924, ma è soltanto nel 1937-38 che viene costruita la sua sede nella zona di San Paolo per la produzione di strumenti ottici di precisione per l’aeronautica; l’edificio si trova in un’area recintata adiacente, sul lato sud, alla struttura della Vasca navale e confinante, sul lato est, con via Vito da Volterra.

Veduta laterale stabilimento Ottica Meccanica Italiana


Ne è direttore generale l’ing. Umberto Nistri, il quale aveva dedicato i suoi studi all’applicazione ed al perfezionamento della tecnica della fotogrammetria, costruendo apparecchi per la restituzione della posizione planimetrica ed altimetrica di edifici e formulando metodi tutt’ora usati per il rilevamento di mappe catastali. Nistri era stato il fondatore della Società Anonima Rilevamenti Aerofotogrammetrici, la cui attività viene in seguito trasferita all’OMI.

Intorno al 1938 l’OMI è affermata sui mercati internazionali per l’esportazione di materiale aeronautico e, negli anni del secondo conflitto mondiale, la società assume un’importanza strategica, visto il tipo di produzione principalmente militare.

Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali le fotocamere OMI erano tra le più usate dalle nostre Forze Armate ed erano prodotte in vari modelli e formati sia a lastre che a pellicola. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale anche la OMI come altre industrie italiane produttrici di attrezzature militari si trovò nella condizione di dover forzatamente cambiare il proprio mercato di riferimento. Alla Fiera di Milano del 1946 una società commerciale milanese, la S.I.R.C.E., presentò un particolarissimo apparecchio fotografico denominato SUNSHINE (raggio di sole) la cui produzione era affidata alla OMI. Si trattava di un apparecchio tricromatico, inventato dai sigg. Giorgio e Camy Machnich, che sfruttando un principio noto già alla fine del 1800 permetteva la riproduzione di immagini a colori utilizzando pellicola pancromatica bianco - nero. La Sunshine era composta di due parti: la fotocamera vera e propria da utilizzare per la ripresa ed un proiettore da abbinare alla fotocamera per eseguire con questa delle proiezioni. La fotocamera montava un obiettivo a fuoco fisso ( Omiterna 35/3,5 ) che era composto da tre piccoli obiettivi disposti in modo radiale; dietro ad ogni obiettivo era posizionato un filtro colorato di colore diverso e corrispondente ad uno dei tre colori fondamentali (blu, rosso e giallo). Ad ogni presa i tre obiettivi producevano tre piccoli fotogrammi da 8x11 mm ognuno filtrato attraverso uno dei colori fondamentali. Dopo aver sviluppato la pellicola ed ottenuto delle terne di diapositive bianco-nero, queste si introducevano nuovamente nella Sunshine che però andava utilizzata come proiettore e i tre fotogrammi proiettati contemporaneamente in modo che ognuno venisse filtrato dallo stesso obiettivo che l’aveva generato davano luogo ad un’immagine a colori. Era possibile regolare il diaframma tra due posizioni: la massima apertura si usava nella proiezione mentre per la ripresa si utilizzava il diaframma più chiuso per ottenere una maggiore profondità di campo; esisteva una terza regolazione in cui venivano esclusi i filtri colorati ed ogni obiettivo aveva una apertura di diaframma differente, si ottenevano così tre fotogrammi bianco-nero con diversa esposizione. Furono costruiti due diversi modelli di Sunshine che differivano solamente per la diversa potenzialità dell’otturatore: un modello consentiva un’unica velocità (1/50) più la posa B mentre un secondo modello, presentato nel 1947, consentiva due velocità (1/25 e 1/50) e la solita posa B. La produzione della Sunshine durò solo pochissimi anni perché la possibilità di usare le nuove pellicole a colori presentate in quegli anni, come la Ferraniacolor, rese obsolete se non inutili gli apparecchi tricromatici decretandone la morte. Successivamente, intorno al 1950, la SIRCE presento una fotocamera più tradizionale formato 24x36 su pellicola 35 mm denominata ROLLINA e probabilmente prodotta ancora dalla OMI. La Rollina montava un obiettivo da 50 mm 1:6,3, denominato Lunar, ed un otturatore a tre velocità da 1/25 a 1/100 più la posa B. Nel frattempo le nuove condizioni politiche consolidatesi in Italia consentirono alla OMI di tornare a produrre apparecchi ed attrezzature militari e la breve parentesi nel mondo della fotografia per uso civile ebbe termine. A proposito della produzione militare più recente possiamo a titolo di curiosità segnalare un apparecchio panoramico costruito probabilmente per la Marina Militare che lo utilizzava per fotografare le navi della propria flotta. Utilizzava pellicola 35 mm in bobine e forniva negativi di 24x72 mm; montava un obiettivo Galileo da 60 mm 1:2,8 e l’avanzamento della pellicola era motorizzato.

Lo stabilimento dell'OMI a San Paolo copre una superficie di circa 14.000 mq. e la sua pianta può considerarsi come l’unione di due rettangoli di estensione diversa. Il fabbricato si articola su tre piani a grandezza decrescente ed è dotato di due cortili interni che durante gli anni ‘70 sono stati coperti in corrispondenza del primo piano per ricavare due nuovi ambienti. Sulla parte di edificio tra i due cortili si eleva una torre quadrata con orologio e altana, secondo gli stilemi in atto negli edifici pubblici realizzati tra le due guerre, ma abbastanza singolari per un edificio ad uso industriale.
La struttura portante è in cemento armato e le tamponature sono realizzate in blocchi di cemento e gesso. Il rivestimento esterno è realizzato sulla fascia corrispondente al piano terra in intonaco e pittura tradizionali. I due piani superiori sono invece rivestiti in mattoncini a facciavista, separati da un marcapiano in mattoncini disposti a taglio. Su questa superficie a cortina sono ancora visibili le tracce di macchie verdi, ocra e marroni, residui della tinteggiatura mimetica realizzata durante la seconda guerra mondiale, contro il rischio di bombardamenti.
Le finestre sono poste ad intervalli regolari sull’intero perimetro della fabbrica, se si esclude la parte oggi occupata dagli uffici tecnico-logistici dell’Università, dove sono state realizzate due gruppi di finestre a fascia con infissi in alluminio anodizzato.
L’attuale edificio presenta le aggiunte e modifiche realizzate in quantità durante gli anni ’70, quando, dopo un lungo periodo di crisi produttiva iniziata nel secondo dopoguerra, si tenta di rivitalizzare la fabbrica con l’inserimento di dispositivi per l’aeronautica spaziale. Sul lato prospiciente via Vito da Volterra si colloca l’area macchine, costruita negli anni ’70, ed una struttura, adibita ad aule dopo l’intervento dell’Università nel 1996. Di fronte al lato sud si trova un corpo di fabbrica rettangolare destinato ad aree tecniche centrali. Sul versante opposto, lato nord, sono stati costruiti negli anni ’70, un edificio rettangolare ad uso mensa, oggi in concessione all’ADiSU, ed una cabina per usi tecnici. Nel dicembre 1989 l’OMI s.p.a. cessa di esistere e viene incorporata in un’altra società, lasciando in seguito l’immobile San Paolo.
La suddivisione interna dell’edificio è fortemente manomessa rispetto alla suddivisione originale, soprattutto nella parte ad ovest, sul lato della via della Vasca navale, a seguito del riutilizzo ad opera dell’Università. Sul lato nord dell’edificio, quello che costeggia il fabbricato dell’attuale mensa, si sono compiuti i lavori più impegnativi, con la realizzazione di vaste aule ed ambienti vari per gli studenti. Alcune di queste aule, trovandosi in corrispondenza di quello che era il cortile interno, traggono luce unicamente dal soffitto mediante un efficiente sistema a lucernari. Le altre aule si trovano invece in quella che era stata la sala macchine e area lanciatori, la cui copertura è stata mantenuta inalterata. Sono stati compiuti infine miglioramenti nell’area parcheggio e sono state realizzate ex novo le scale in ferro che collegano l’area dell’OMI con l’area attrezzata su un livello più alto, lungo ed oltre la palazzina degli uffici dell’ex-Vasca Navale.

Attualmente nella vecchia fabbrica si trovano i Dipartimenti di Ingegneria Meccanica e Industriale, di Informatica e Automazione e la mensa per gli studenti.

Per ulteriori approfondimenti sui progetti di riuso degli spazi industriali dell'Ostiense da parte dell'Università Roma Tre rimandiamo al post dedicato al libro Fabbriche della Conoscenza:

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